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Più possiedi, meno hai

Scritto da Moneysurfers

Più possiedi, meno hai


10 luglio 2020

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2 minuti di lettura

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Cosa leggerai in questo articolo

    Make money while you sleep! Gli americani adorano questa frase, che rappresenta perfettamente il concetto di entrata passiva, o entrata automatica.

    Cosa sono le entrate passive o automatiche

    Le rendite passive non sono altro che i guadagni generati senza il tuo intervento diretto, in modo periodico e prevedibile, completamente slegate dal tuo tempo.

    Per avviare il motore delle rendite passive però, è necessaria una spinta iniziale, come un informatico che sviluppa l’architettura di un software e poi lo lascia vivere di vita propria, intervenendo saltuariamente per apportare delle migliorie.

    Alcuni esempi di entrate passive sono:

    • un affitto mensile versato dal nostro inquilino;
    • le royalties provenienti dalla vendita di un libro o dal diritto d’autore;
    • il pagamento dei dividendi delle azioni in nostro possesso.

    È proprio su quest’ultima voce che ci soffermiamo in questo approfondimento: i dividendi azionari.

    Mentre in questo articolo potrai approfondire alcuni metodi per generare entrate passive

    Cosa sono i dividendi azionari

    L’investimento è innanzitutto fiducia. Fiducia nella potenzialità di un’azienda, e fiducia nella crescita di valore e fatturato. Per questo motivo alcune aziende decidono di ripagare la fiducia degli azionisti “staccando” loro una ricompensa periodica, che viene appunto chiamata dividendo. 

    Possiamo affermare che il dividendo sia una quota degli utili di una società che viene corrisposta agli investitori. Acquistare un’azione da dividendo significa partecipare attivamente alla crescita di una società, sia dal punto di vista dell’incremento del valore azionario, sia agli utili del suo esercizio.

    I dividendi azionari possono essere di due tipi: in contanti o in azioni.

    Come facilmente avrai già capito, la prima tipologia prevede un pagamento di una somma di denaro in base alla partecipazione del tuo investimento, la seconda invece prevede il conferimento di una percentuale azionaria, sempre correlata con l’entità del tuo investimento, una o due o quattro volte l’anno.

    Cosa c’entrano le entrate passive con i dividendi azionari

    Domanda sciocca, penserai. Noi di Moneysurfers crediamo che i dividendi azionari siano uno dei migliori strumenti per generare un’entrata passiva, periodica e prevedibile direttamente sul tuo conto bancario, senza il minimo impegno di tempo ed energia, se non la scelta iniziale.

    Una o due o quattro volte all’anno, le migliori aziende da dividendo elargiscono un bonus in percentuale sul tuo conto bancario, il più delle volte già al netto della tassazione per non dovertene nemmeno preoccupare con il commercialista.

    Per investire con i dividendi azionari da professionista, dai un'occhiata a DIVIDENDS PRO Boost.

    Perché qualcuno dovrebbe darti una rendita passiva

    Mica tutte le società quotate staccano dividendi periodici! E allora perché solo alcune decidono di farlo? Ci sono diversi fattori da considerare.

    Generalmente, i dividendi sono un buon sintomo circa la salute finanziaria della società stessa, poiché rappresenta un residuale dell’utile di esercizio. Essendo in ottima salute un’azienda sceglie la strategia dei dividendi per attirare investitori e aumentare anche il valore azionario. Al tempo stesso, alcune aziende in profonda crisi provano la strategia dei dividendi per fare incetta di capitali e tentare di risanare le casse vuote. Per questo bisogna saper selezionare le azioni giuste.

    Le aziende maggiormente strutturate e mature sono più propense a corrispondere i dividendi, poiché devono reinvestire meno utile nella crescita, d’altro canto, le aziende in fase di startup hanno fame di utili per alimentare la loro crescita e la produzione, per cui sono meno propense ai dividendi.

    Riassumendo, l'azienda sana e in utile ha due strade percorribili: condividere una quota dei guadagni con gli investitori e al tempo stesso diventare più appetibile per lo stesso motivo, oppure reinvestire completamente i guadagni per crescere maggiormente e diventare più appetibile attraverso la crescita del valore azionario.

    Quali sono i vantaggi di questa tipologia di investimento

    Il metodo più rapido e potente per accelerare la nostra ricchezza materiale è senza dubbio il “fare impresa”. Nessuno strumento d’investimento serio potrà mai dare i ritorni, in termini di sostanza e velocità di accumulo, che può dare una buona idea imprenditoriale messa a terra a dovere.

    Vero, ma non è semplicissimo creare un’impresa di successo e soprattutto richiede la totalità del nostro tempo e ogni sforzo possibile per la sua affermazione.

    E se fosse possibile fare l’imprenditore col popò degli altri? Ecco, le dividend stocks, sono le azioni che in automatico sganciano nel conto corrente una parte degli utili distribuiti dalle aziende di successo.

    Queste azioni hanno una calendarizzazione precisa per i loro payout, per questo è possibile strutturare l’investimento in modo che ogni mese o due incassiamo una quota come se fosse un affitto, senza tutte le seccature che la proprietà di un immobile porta con sé.

    Quali sono i rischi

    I dividendi sono periodici, ma non sono garantiti. Spesso le società indicano la quota dell’utile (il payout) che intendono distribuire in un ipotetico piano triennale, ma non sono tenute a rispettarla, come invece succede nelle obbligazioni.

    A seconda delle circostanze, gli utili potrebbero essere utilizzati per ripianare delle eventuali perdite, fare investimenti o aumentare il patrimonio societario.

    Investire in azioni da dividendo può essere altamente remunerativo, ma richiede conoscenza del mercato e qualche dritta sulle azioni migliori da acquistare.

    Forse ti farà piacere sapere che Moneysurfers ha organizzato un corso unico e gratuito sulla migliore strategia per investire nei dividendi azionari. Per conoscerla, non ti resta che iscriverti qui sotto.

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      “Compriamo cose che non ci servono con soldi che non abbiamo per impressionare gente che non ci piace.” (Fight Club)

      Nel mondo del benessere galoppante, dell’industria 4.0 e del consumismo che la fa da padrone, parlare di crisi economica ha un po’ il sapore della contraddizione. Eppure c’è, ne parlano tutti e persino le vicende politiche degli ultimi mesi, se non addirittura anni, ne sono un chiaro messaggio.

      Uno dei motivi che legano questo sentimento di crisi ad un contesto ricco come il mondo in cui viviamo è sicuramente il modo in cui questa ricchezza viene percepita, intesa e utilizzata. Perché la verità è che tutti tendiamo verso il "mito" della ricchezza, ma pochi scelgono di raggiungerla passando consapevolmente attraverso la “povertà”. No, non fraintendere, non parlo di quella povertà che non ti fa arrivare a fine mese: quando il MoneySurfer parla di povertà si riferisce all’altra faccia della ricchezza consapevole, cioè la Parsimonia.

      La sfida delle 100 cose

      Ti è mai successo di fare la valigia per un viaggio di sola andata e renderti conto che un buon 90% della roba che hai in casa, in fondo in fondo, non ti serve? Ecco, il “momento della valigia” ci sbatte in faccia la consapevolezza di come la nostra generazione, figlia di una classe consumistica senza vergogna, si sia fregata con le sue stesse mani, incatenando la propria vita alla vanità del possesso. E lo diciamo senza il minimo moralismo: non serve alcuna “dottrina morale” per capire che ciò che possediamo in realtà possiede noi, perché gli oggetti richiedono tempo, cura, attenzioni. Persino disfarsene richiede energia!

      Eppure qualcuno, prima di noi, l’aveva già capito. L’americano Dave Bruno, autore de La Sfida delle 100 Cose, ci invita per l’appunto ad una sfida impegnativa: buttare, regalare o (meglio) vendere tutto ciò che di superfluo abbiamo per rimanere con soli 100 oggetti, ad esclusione ovviamente degli oggetti che condividiamo con gli altri. E come li scegliamo questi oggetti? Beh, la congenialità dell’oggetto dipende da ciò che per noi è superfluo. In tutto ciò può tornarti utile farti un paio di domande. Hai davvero bisogno di quell’oggetto? O è un bisogno indotto dalla pubblicità? È il doppione di qualcosa che già possiedi? Potresti noleggiarlo invece di possederlo? Quanto lo userai (pensa a quante volte userai in vita tua, non so, un trapano)? Ma soprattutto quanto ti distoglierà dalla tua vita?

      C’è chi questa sfida l’ha presa di petto è ne ha fatto addirittura un business. Graham Hill, startupper americano, milionario manco a dirlo, quando ha capito che era entrato in un trip di acquisto compulsivo, ha deciso di trasferirsi in un monolocale di 40mq al centro di Manhattan, disfandosi di tutto ciò di superfluo che aveva (impiegando addirittura mesi). Ebbene, dovendo fare di necessità virtù, si è ritrovato a riorganizzare la sua vita secondo nuovi spazi vitali. Oggi gestisce Life Edited: una società di interior designing che rende vivibili stanze dove a stento ci entra un letto o un divano.

      Minimal sì, ma non povero

      Bada bene che la sfida delle 100 cose non è solo materiale, ma è la filosofia dell’essenziale che deve guidare i nostri passi anche nel contesto dell’investimento: evitare di fare trading su molti mercati contemporaneamente, non usare gli indicatori, fare poche operazioni ma buone; oppure, per un imprenditore, dedicarsi al proprio core business senza perdersi in progetti collaterali.

      Ma la cosa ancora più importate è che tu riesca a prendere questa sfida come un esercizio e non come una scelta integralista. La sfida delle 100 cose va provata almeno un volta nella vita per capire quali sono i nostri limiti ed abituare la nostra mente all’elasticità: per disintossicarci dalla quantità di oggetti che ci circondano, che in fondo non significa essere “poveristi”, ma semplicemente disciplinati.

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      Se ci dovessero chiedere che cos'è la felicità? non ci sarebbe alcun dubbio che questa sia l'autorealizzazione.