FIRST TAG DISPLAYED HERE 21 marzo 2018 2 minuti di lettura

Amazon paga i propri dipendenti per licenziarsi, ecco perche

Scritto da Moneysurfers

    “Smettila di inseguire i soldi, e inizia a inseguire le tue passioni”. Non sono parole di Gandhi, Osho o John Lennon, ma di Tony Hsieh, CEO di un’azienda miliardaria chiamata Zappos.

    Zappos vende scarpe e abbigliamento online. E lo fa in un modo molto particolare, per diverse ragioni.

    Innanzitutto per i suoi clienti non esistono spese di spedizione. Zappos spedisce sempre gratis tutti i prodotti, compresi i resi. E questo significa che chiunque può comprare diversi indumenti e regolarmente rispedire indietro quelli che non vuole, tutto a carico dell’azienda.

    I call center di Zappos, inoltre, sono attivi 24 ore su 24, 7 giorni su 7. La parola d’ordine non è vendite o numeri, ma qualità e rapporti umani. Gira infatti la storia di una telefonata durata 6 ore, in cui la centralinista ha addirittura aiutato il cliente a trovare una pizzeria aperta dopo mezzanotte.

    Penserete che parliamo di un’azienda hippie e prossima al fallimento. Nulla di più sbagliato. Zappos è estremamente profittevole, attua queste politiche da anni ed è stata comprata nel 2009 da Amazon per la non trascurabile cifra di 1,2 miliardi di dollari. Se poi credete che Jeff Bezos, una volta a capo della baracca, abbia cambiato le regole, vi sbagliate di grosso.

    Infatti il numero 1 di Amazon, sposando Zappos, ha sposato anche tutte le sue visionarie politiche aziendali, compresa quella che è senza dubbio la più controversa, ed è nota come "l'offerta".

    VUOI LICENZIARTI? TI PAGHIAMO PER FARLO

    Sembra apparentemente controintuitivo incentivare un dipendente a licenziarsi. Soprattutto perché per i nuovi assunti il bonus è di ben 4000 dollari, e non sono proprio pochi. L’idea però sembra produrre risultati incredibili, e Bezos non solo l’ha mantenuta in Zappos, ma l’ha introdotta anche in Amazon nel 2014, modificandola leggermente. Come spiega in questa lettera agli azionisti, i dipendenti ricevono l’offerta ogni anno, e non solo all’inizio della propria assunzione. La stessa è di 2000 dollari per il primo anno, e aumenta di 1000 ogni anno successivo. Fino a un massimo di 5000 dollari.

    La ragione dell’aumento è che, ogni anno che passa, il dipendente investe maggiormente nell’azienda, e può risultargli più difficile lasciarla. L’offerta viene dunque aggiustata di conseguenza. Per tutti gli scettici, la risposta di Bezos è che “dare ai dipendenti un momento per pensare a cosa vogliono fare nella vita, è positivo sia per loro che per l’azienda. Nel lungo periodo, un dipendente che non svolge il lavoro che vuole, non fa bene a se stesso e nemmeno all’azienda.” Facendo due calcoli, scommettere sulla persona sbagliata (o sull’azienda sbagliata), ha un costo di gran lunga superiore a qualche migliaio di euro.

    Lo scopo dell’offerta però è anche un altro. Grazie a questa politica infatti, Amazon riceve ogni anno una fotografia precisa della soddisfazione dei propri dipendenti. Perché se un questionario in cui ti viene chiesto “sei felice nella nostra azienda?” può essere poco affidabile, metterti davanti 5 mila dollari è la vera prova del nove.

    LA FELICITÀ FA AUMENTARE IL VALORE DELLE AZIONI

    Ovviamente Bezos non vuole rimanere senza dipendenti, e la lettera annuale inizia con l’esortazione “per favore, non accettare questa offerta”. Però i dati mostrano chiaramente che avere lavoratori motivati e felici può portare un valore enorme per Zappos e Amazon. Una ricerca infatti rivela che le aziende con almeno 9 dipendenti motivati per ogni dipendente non motivato, hanno azioni del 147% più profittevoli delle proprie rivali. Quelle invece con soltanto 2 dipendenti motivati per ogni dipendente che non lo è, hanno il 2% in meno di valore nelle azioni rispetto alle altre.

    Insomma, la felicità genera ricchezza, e la Harvard Business Review, già nel 2008, consigliava alle aziende di prendere spunto da Zappos, implementando “l’offerta”. Anche David Burkus, docente universitario e autore di diversi best seller, in questo libro spiega perché incentivi simili portano benefici sia a chi sceglie di andarsene (circa il 10%), sia a chi sceglie di rimanere.

    E’ bello immaginare un futuro in cui le aziende avranno a cuore la felicità dei propri dipendenti, e la useranno come vantaggio competitivo per emergere sul mercato. Diciamo che questo può essere un inizio: la prova provata che la felicità ha un filo diretto coi risultati economici. E quindi immaginiamo. Come diceva un signore menzionato sopra, “you may say I’m a dreamer, but i’m not the only one”.

    Alla prossima onda.

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