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Estasi lavorativa: il segreto per rendere la vita più bella (senza usare droghe)

Scritto da  Moneysurfers

 

Estasi lavorativa: il segreto per rendere la vita più bella (senza usare droghe)


12 ottobre 2020

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3 minuti di lettura

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Cosa leggerai in questo articolo

    Make money while you sleep! Gli americani adorano questa frase, che rappresenta perfettamente il concetto di entrata passiva, o entrata automatica.

    Cosa sono le entrate passive o automatiche

    Le rendite passive non sono altro che i guadagni generati senza il tuo intervento diretto, in modo periodico e prevedibile, completamente slegate dal tuo tempo.

    Per avviare il motore delle rendite passive però, è necessaria una spinta iniziale, come un informatico che sviluppa l’architettura di un software e poi lo lascia vivere di vita propria, intervenendo saltuariamente per apportare delle migliorie.

    Alcuni esempi di entrate passive sono:

    • un affitto mensile versato dal nostro inquilino;
    • le royalties provenienti dalla vendita di un libro o dal diritto d’autore;
    • il pagamento dei dividendi delle azioni in nostro possesso.

    È proprio su quest’ultima voce che ci soffermiamo in questo approfondimento: i dividendi azionari.

    Mentre in questo articolo potrai approfondire alcuni metodi per generare entrate passive

    Cosa sono i dividendi azionari

    L’investimento è innanzitutto fiducia. Fiducia nella potenzialità di un’azienda, e fiducia nella crescita di valore e fatturato. Per questo motivo alcune aziende decidono di ripagare la fiducia degli azionisti “staccando” loro una ricompensa periodica, che viene appunto chiamata dividendo. 

    Possiamo affermare che il dividendo sia una quota degli utili di una società che viene corrisposta agli investitori. Acquistare un’azione da dividendo significa partecipare attivamente alla crescita di una società, sia dal punto di vista dell’incremento del valore azionario, sia agli utili del suo esercizio.

    I dividendi azionari possono essere di due tipi: in contanti o in azioni.

    Come facilmente avrai già capito, la prima tipologia prevede un pagamento di una somma di denaro in base alla partecipazione del tuo investimento, la seconda invece prevede il conferimento di una percentuale azionaria, sempre correlata con l’entità del tuo investimento, una o due o quattro volte l’anno.

    Cosa c’entrano le entrate passive con i dividendi azionari

    Domanda sciocca, penserai. Noi di Moneysurfers crediamo che i dividendi azionari siano uno dei migliori strumenti per generare un’entrata passiva, periodica e prevedibile direttamente sul tuo conto bancario, senza il minimo impegno di tempo ed energia, se non la scelta iniziale.

    Una o due o quattro volte all’anno, le migliori aziende da dividendo elargiscono un bonus in percentuale sul tuo conto bancario, il più delle volte già al netto della tassazione per non dovertene nemmeno preoccupare con il commercialista.

    Per investire con i dividendi azionari da professionista, dai un'occhiata a DIVIDENDS PRO Boost.

    Perché qualcuno dovrebbe darti una rendita passiva

    Mica tutte le società quotate staccano dividendi periodici! E allora perché solo alcune decidono di farlo? Ci sono diversi fattori da considerare.

    Generalmente, i dividendi sono un buon sintomo circa la salute finanziaria della società stessa, poiché rappresenta un residuale dell’utile di esercizio. Essendo in ottima salute un’azienda sceglie la strategia dei dividendi per attirare investitori e aumentare anche il valore azionario. Al tempo stesso, alcune aziende in profonda crisi provano la strategia dei dividendi per fare incetta di capitali e tentare di risanare le casse vuote. Per questo bisogna saper selezionare le azioni giuste.

    Le aziende maggiormente strutturate e mature sono più propense a corrispondere i dividendi, poiché devono reinvestire meno utile nella crescita, d’altro canto, le aziende in fase di startup hanno fame di utili per alimentare la loro crescita e la produzione, per cui sono meno propense ai dividendi.

    Riassumendo, l'azienda sana e in utile ha due strade percorribili: condividere una quota dei guadagni con gli investitori e al tempo stesso diventare più appetibile per lo stesso motivo, oppure reinvestire completamente i guadagni per crescere maggiormente e diventare più appetibile attraverso la crescita del valore azionario.

    Quali sono i vantaggi di questa tipologia di investimento

    Il metodo più rapido e potente per accelerare la nostra ricchezza materiale è senza dubbio il “fare impresa”. Nessuno strumento d’investimento serio potrà mai dare i ritorni, in termini di sostanza e velocità di accumulo, che può dare una buona idea imprenditoriale messa a terra a dovere.

    Vero, ma non è semplicissimo creare un’impresa di successo e soprattutto richiede la totalità del nostro tempo e ogni sforzo possibile per la sua affermazione.

    E se fosse possibile fare l’imprenditore col popò degli altri? Ecco, le dividend stocks, sono le azioni che in automatico sganciano nel conto corrente una parte degli utili distribuiti dalle aziende di successo.

    Queste azioni hanno una calendarizzazione precisa per i loro payout, per questo è possibile strutturare l’investimento in modo che ogni mese o due incassiamo una quota come se fosse un affitto, senza tutte le seccature che la proprietà di un immobile porta con sé.

    Quali sono i rischi

    I dividendi sono periodici, ma non sono garantiti. Spesso le società indicano la quota dell’utile (il payout) che intendono distribuire in un ipotetico piano triennale, ma non sono tenute a rispettarla, come invece succede nelle obbligazioni.

    A seconda delle circostanze, gli utili potrebbero essere utilizzati per ripianare delle eventuali perdite, fare investimenti o aumentare il patrimonio societario.

    Investire in azioni da dividendo può essere altamente remunerativo, ma richiede conoscenza del mercato e qualche dritta sulle azioni migliori da acquistare.

    Forse ti farà piacere sapere che Moneysurfers ha organizzato un corso unico e gratuito sulla migliore strategia per investire nei dividendi azionari. Per conoscerla, non ti resta che iscriverti qui sotto.

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      Qui parliamo di estasi lavorativa, ma prima è bene fare una premessa.
      La stessa frase “il mio lavoro mi manda in estasi” sembra un ossimoro, un binomio impossibile. Siamo abituati a concepire il lavoro come qualcosa che dobbiamo fare per poter campare, e solo i più fortunati possono ammettere di amare ciò che fanno. Ma il pensiero di “andare in estasi” grazie al lavoro sembra una cagata pazzesca di fantozziana memoria.
      Questo articolo è una provocazione. È possibile guardare il lavoro con occhi diversi? Lo possiamo osservare da una nuova prospettiva?

      Molto spesso ricerchiamo l’appagamento personale attraverso la novità: un’auto, una fidanzata, un gruppo di amici, un viaggio, un’esperienza. Tutto ciò che è nuovo solletica il nostro desiderio molto di più di ciò che abbiamo già. E se invece provassimo a migliorare quello che abbiamo, come ad esempio il lavoro, senza ricercare sempre la novità in modo frenetico?

      Leggi anche: La stanchezza si combatte con la consapevolezza.

      Cos’è davvero l’estasi?

      L’estasi è un concetto legato ad esperienze profonde come l’arte, la religione, la musica, la meditazione. È una sensazione sia psichica che fisica, che si sprigiona dentro noi stessi in un momento di particolare unione con l’universo che ci circonda. Osservando un tramonto, raggiungendo la vetta di una montagna, facendo del buon sesso o meditando può capitare di sentirci avvolti da una condizione di pienezza, vitalità, calore, gioia, esaltazione. È difficile descrivere in modo preciso un momento di estasi, perché è qualcosa di talmente intenso e complesso che le parole spesso non sono abbastanza.
      Se però ci riferiamo al significato etimologico della parola estasi, scopriamo che significa "portare" o "collocare fuori". Un’esaltazione della spirito che si fissa in qualcosa che sta fuori da noi stessi. Quindi, non è mai l’oggetto dell’estasi a provocarla, l’estasi non nasce dall’oggetto in sé, ma sono i nostri sentimenti riposti in quell’oggetto a far nascere la sensazione di estasi. Che si tratti di un quadro, una sinfonia, un paesaggio, una persona amata, siamo noi a trasferire su di essi il motore dell’estasi.
      Lo scrittore Aldous Huxley, la definiva sensazione di trascendenza, per lo psicologo Abraham Maslow si tratta invece di una esperienza di picco, a cui ha dedicato un intero volume. O ancora, lo psicologo Mihaly Csikszentmihalyi la chiamava semplicemente flusso, ovvero quel momento in cui tutto sembra scorrere nella giusta direzione senza alcuna resistenza.

      Dopo aver cercato di dare una rappresentazione dell’estasi, questa potrebbe sembrarti ancora più lontana dalla tipica situazione lavorativa che vivi ogni giorno. Come coniugare un’attività spesso connessa agli asceti, ai monaci e agli eremiti, con la nostra essenza di persone che vogliono stare nel mondo e fare concretamente qualcosa ogni giorno, interagendo con il prossimo e vivendo nel nostro tempo?
      Una risposta ci arriva dallo Zen, l’antica pratica di meditazione giapponese, che viene definita l’arte di stare nella realtà. Per lo Zen, la ricerca dell’illuminazione non è altro che essere nel qui e ora, ovvero l’essere presenti durante qualsiasi azione che si sta facendo. Essere presenti mentre si cammina, quando si cucina, quando ci si fa la doccia, mentre si digita al computer o mentre si parla con qualcuno. L’attenzione al momento presente è la chiave per il raggiungimento dell’estasi nello Zen. Queste brevi, ma continuative esperienze di picco, o di flusso, possono accompagnarci durante le nostre giornate, ovunque siamo, senza dover lasciare tutto e raggiungere un ashram in India.

      Come raggiungere l’estasi lavorativa

      L’estasi lavorativa è quello stato di grazia in cui svolgiamo in attenzione tutte le nostre attività, con la consapevolezza del come e del perché stiamo facendo, raggiungendo gli obiettivi professionali senza la sensazione negativa di sforzo o sacrificio. Attraverso questo modus operandi, ci accorgiamo di poter ottenere la massima soddisfazione senza dover fare rinunce. All’apice della concentrazione, il tempo smette di essere tiranno, e l’attività lavorativa si trasforma in gioia e gratificazione.
      Per fare in modo che questo accada, bisogna tenere conto di alcune premesse. La sfida dev’essere commisurata alle capacità. Se la sfida che dobbiamo affrontare è troppo grande per le nostre capacità, l’ansia e lo stress sono le ovvie conseguenze. Se invece devi completare una mansione troppo semplice per le tue competenze, otterremo la noia. Solo quando ci sentiamo all’altezza della sfida, tutto diventa stimolante e prepara il terreno per un’esperienza profonda.
      Fai un test pratico. Scrivi su un foglio la lista delle tue mansioni lavorative giornaliere. Sono stimolanti? Sono alla tua altezza? Sono troppo ardue per le tue competenze?
      Quali attività producono le migliori sensazioni dentro di te? Quali sono quelle mansioni che ti fanno isolare dal resto e ti permettono di raggiungere una concentrazione profonda? Ci sono delle caratteristiche, o quelle che noi chiamiamo trame nascoste, che accomunano gli stati di estasi lavorativa? Cercale nei dettagli. Capitano di mattina, nel pomeriggio o la sera? Lavoravi in gruppo o da solo? Eri il leader o un membro del gruppo? Quali azioni invece ti provocano stress, o noia? Che caratteristiche hanno? Lavoravi al chiuso o all’aperto? C’era una bella luce o era nuvoloso? Lavoravi con il corpo o eri seduto alla scrivania?
      Una volta individuate le attività che ti fanno sentire in estasi, cerca di replicarle il più possibile, e soprattutto cerca di ricreare fedelmente l’ambiente più propizio a farti vivere un’esperienza profonda. Se dai il massimo nel lavoro di gruppo, fallo più spesso, se in uno spazio illuminato ti senti meglio, spalanca le finestre! 

      L’azienda karmica come obiettivo professionale

      Nei nostri corsi avanzati parliamo spesso di Azienda Karmica. Quest’ultima non è altro che un’azienda che fa profitto e si impegna al miglioramento costante, ma integra nelle sue attività le azioni che mirano al rispetto dell’ambiente che la circonda, al rafforzamento dei valori su cui si basa l’azienda stessa e all’evoluzione delle persone che la costituiscono.
      Attenzione, però. La ricerca degli stati di estasi lavorativa non è un vezzo new age da santoni, ma un modo per essere più efficaci, concentrati, produttivi, lucidi, empatici, stimolati e stimolanti, migliorando le performance aziendali, che ci permetteranno un benessere materiale e spirituale maggiori.

      Leggi anche: Stress da lavoro? Il Life Design lo seppellirà

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