Sia chiaro, non siamo proprio degli sprovveduti, anzi. L’ambiente è sempre stata una tematica importante per noi che coltiviamo attivamente: l’amore per la natura, la bicicletta in montagna, il surf, la permacultura e molto altro.

Ma quel giorno è stato uno schiaffo pesantissimo.

Spesso abbiamo parlato di investimenti sostenibili, di ESG e delle Benefit Corporations, pubblicando documentari, report e centinaia di ore di webinar in diretta, visti da decine di migliaia di persone. Abbiamo raccontato i pro e contro della finanza sostenibile, convinti che la formazione sia un mezzo formidabile per sensibilizzare prima e risolvere poi un problema inderogabile come la crisi climatica.

Noi non siamo i tipi che scendono in piazza a manifestare o che collaborano a tempo pieno con le Onlus. Non è il nostro. Ma sappiamo investire, sappiamo come funzionano i soldi e sappiamo come questi possono influenzare le scelte politiche ed aziendali. La finanza “verde” (termine orribile, ma così ci capiamo) può essere un motore incredibile per stimolare e portare all’azione centinaia di migliaia di persone in tutto il mondo.

Puoi essere più o meno d’accordo, ma i soldi, se veicolati nei canali giusti, sono uno strumento potentissimo per il cambiamento.

Questo significa anche guadagnarci, certo. Il guadagno più bello che esista, perché i soldi che potrai guadagnare da questi investimenti saranno dei soldi buoni, che salveranno l’umanità da una catastrofe sempre più probabile.

There’s NO PLANET B.

Un report del 2022 di Transparency International ha mostrato che le aziende possono manipolare i loro punteggi ESG attraverso pratiche come l’omissione di dati negativi o l’esagerazione dei loro sforzi di sostenibilità.

Questo può rendere difficile per gli investitori e il pubblico valutare l’effettiva performance ESG di un’azienda.

Un altro problema è la mancanza di standardizzazione nell’industria ESG. Come ha rilevato un articolo del 2023 sulla rivista Nature Sustainability, esistono molti diversi set di criteri e rating ESG, rendendo difficile il confronto tra aziende o settori. Questo può portare a confusione e potenziali abusi.

Non solo, infatti non essendoci dei parametri univoci di valutazione e di controllo le valutazioni ESG erogate dai vari enti come FSTE e MSCI sono evidentemente e totalmente casuali una rispetto l’altra.

Un caso eclatante riguarda Meta, l’azienda proprietaria di Facebook e Instagram, che ha ricevuto punteggi sul tema ambientale di 0 punti da Sustainalytics, oltre 50 dal FTSE e quasi 100 da MSCI. Questo è un esempio tristemente lampante di come i voti ESG siano totalmente inutili.

Inoltre, l’attenzione esclusiva sulla performance ESG può distogliere l’attenzione da altre questioni importanti, come la giustizia economica e sociale. Un rapporto del 2023 del think tank britannico New Economics Foundation ha sottolineato che la performance ESG di un’azienda non dice nulla sul suo comportamento in termini di salari, condizioni di lavoro o impatto sulla comunità locale.

Un’altra strana correlazione che vediamo nel mondo ESG è che le aziende più grandi solitamente hanno punteggi migliori.

Questo a nostro avviso è semplicemente un indicatore di quanto chi ha più risorse possa dedicare più tempo a fare report e a giocare al gioco dei punteggi ESG, mentre un’azienda più piccola avrà meno risorse marginali e dovrà dedicarle ad azioni più concrete che un laborioso report, penalizzando però le aziende che nonostante non abbiano “giocato al gioco ESG” siano più virtuose delle Big Company di turno.

Siamo fiduciosi che, un giorno, arriveremo a una standardizzazione dei profili ESG. Ma crediamo fortemente che sia oggi il momento in cui bisogna concentrarsi sugli investimenti in aziende il cui modello di business è intrinsecamente correlato e dedicato alla risoluzione dei problemi ambientali e sociali. 

Non cerchiamo aziende da slogan come “inquiniamo meno” ma piuttosto con “risolviamo col nostro business il problema dell’inquinamento”. Stop.

Cinici? Forse, ma sicuramente concreti ed efficaci.

Piuttosto che investire in aziende che consumano meno petrolio, investiamo in aziende che producono energia 100% pulita. Va bene investire in aziende che emettono meno CO2, ma è decisamente meglio investire in aziende che la CO2 lo assorbono veramente.

Se vuoi far finta di avere impatto nel mondo, basta e avanza. Però permettici di raccontarti questa storia.

Nel 2023, la compagnia petrolifera Shell ha ottenuto un punteggio ESG relativamente alto da Sustainalytics, una delle più importanti agenzie di rating ESG.

Secondo un rapporto del Financial Times, ciò è dovuto in parte al fatto che Sustainalytics assegna i punteggi basandosi sul rischio di incidenti legati a questioni ESG, piuttosto che sulla performance effettiva di una compagnia.

Inoltre le aziende petrolifere non producono CO2, e quindi non producono “effettivamente” inquinamento, il quale invece verrà prodotto da noi consumatori con le nostre auto a motore termico.

Ne conviene che se i consumatori fossero analizzati secondo i criteri ESG sarebbero i peggiori della classe. Ma la Shell non ha nessuna responsabilità?

Inoltre, le compagnie petrolifere possono ottenere punteggi ESG elevati migliorando la loro performance nei criteri sociali e di governance. Ad esempio, secondo un rapporto del 2023 di MSCI, un’altra importante agenzia di rating ESG, BP ha ottenuto un punteggio elevato grazie alle sue politiche sulla diversità del consiglio di amministrazione e sulla salute e sicurezza dei lavoratori.

Sarà per questo che spesso dentro i maggiori indici ESG e nei maggiori ETF (parliamo di centinaia di miliardi di euro gestiti in totale) che ricadono nella categoria ESG, tra le azioni su cui investono maggiormente c’è sempre qualche azienda petrolifera.